di Simonetta Ercoli
Quando si parla di Astronomia, come da sempre in ogni campo del sapere, per la verità, si fa riferimento soprattutto a grandi uomini e vengono tralasciate, invece, le grandi donne che, spesso all’ombra di importanti figure maschili, hanno dato un rilevante contributo allo studio scientifico in generale e astronomico in particolare. Dal 1800 ad oggi numerose sono le donne che si sono affermate in questo campo, conseguendo importantissimi risultati, e negli ultimi settant’anni c’è stato un così grande fiorire di queste figure femminili, che non è possibile raccoglierle in questo articolo contenuto, in cui vengono citate solo quelle che si sono distinte entro i primi anni del ‘900. In realtà diverse figure femminili si sono occupate di questa disciplina ancor prima, a partire dal 2850 a.C., senza rinunciare al loro ruolo di spose e madri.
En heduanna (2850 a.C. circa), figlia del re babilonese Sargon di Akkad, fu nominata alta sacerdotessa della dea della Luna della città. Grazie alle sue abilità matematiche, insieme ai sacerdoti, creò una serie di osservatori per esaminare i movimenti stellari.
Merit Ptah (2700 a.C. circa), probabilmente la prima donna conosciuta in campo scientifico, è stata una studiosa e fisica egiziana, che ha affiancato ai suoi studi anche pratiche spirituali e mediche. È raffigurata in una tomba della necropoli della piramide a gradoni di Saqqara. Suo figlio, un Sommo Sacerdote, la definì “il Sommo Medico”.
Aganice (1878 a.C. circa), figlia del faraone Sesosti I, visse in Egitto, dove elaborò un sistema per predire il moto di rivoluzione dei pianeti e, essendo in grado di calcolare con precisione il verificarsi delle eclissi, iniziò a sostenere che la Luna era sotto il suo controllo e poteva disporne a suo piacimento, fino a farla scomparire dalla volta celeste. Ben presto, però, fu smascherata e al suo nome fu abbinato il proverbio: “Come la Luna obbedisce ad Aganice”, per indicare un fatto o un avvenimento poco credibile.
Theanò (circa 550 a.C.), donna sapiente e virtuosa diCrotone, simbolo della famiglia. Secondo alcune fonti fu moglie di Pitagora, secondo altre la figlia. Filosofa, cosmologa, matematica, astronoma, studiosa di fisiologia ed eccellente medico, Theanò era donna di forte personalità e viva intelligenza, esempio di conoscenza e rigore; scrisse un corpus di nove lettere, di cui tre sono oggi ritenute autentiche.
Aglaonike (circa 200 a.C.) nacque in Tessaglia da Egetore (o Egemone), come riferiscono Plutarco e Apollonio Rodio. Il padre non ostacolò gli studi della figlia, che si interessò di astronomia babilonese e, quindi, probabilmente era a conoscenza del ciclo lunare di Saros, calcolato dai Caldei. Queste sue capacità le procurarono un’immagine più da strega che da scienziata.
Ipazia (375 – 415 d.C.), vissuta ad Alessandria d’Egitto, fu forse la più importante donna dell’antichità in grado di distinguersi per le sue conoscenze e la sua saggezza. Studiò filosofia e astronomia ad Atene e Roma, poi tornò ad Alessandria per insegnare meccanica e matematica. Fu indirizzata dal padre Teòne agli studi scientifici, al tempo riservati esclusivamente agli uomini, per farla diventare un “perfetto essere umano”. Di lei parlano anche Socrate Scolastico, Filostrogio e Damascio di Damasco ed è l’unica donna a essere menzionata nei libri di storia della matematica e dell’astronomia, in cui appare come autrice di una grande opera, il “Canone astronomico”, di cui, però, non sono rimasti testi. I suoi soli trattati sono quelli incorporati negli scritti del padre, come si trova citato nel “Commento di Teòne di Alessandria al terzo libro del sistema matematico di Tolomeo. Edizione controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia”. È ricordata anche per la probabile invenzione di diversi strumenti: l’idrometro per misurare il livello dell’acqua; l’aerometro per misurare la densità dei fluidi; un astrolabio piatto, utilizzato per calcolare il tempo e la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti. Nel marzo del 415 d. C., durante le violente repressioni contro il paganesimo, mentre faceva ritorno a casa, venne aggredita, fatta a pezzi e bruciata da alcuni fanatici cristiani ai servigi di Cirillo, vescovo di Alessandria. Dopo la sua morte la matematica, la fisica e l’astronomia non fecero più molti passi in avanti ad Alessandria d’Egitto e si interruppe anche l’insegnamento neoplatonico, da lei convintamente diffuso tanto da essere considerata terza caposcuola del Platonismo dopo Platone e Plotino.
Ildegarda di Bingen (1098 – 1179), nacque in Sassonia nel 1098, decima figlia di una nobile famiglia tedesca. Crebbe in un monastero benedettino sul Reno e fu una delle scrittrici medioevali più famose: filosofa, scienziata, musicista e poetessa, di lei rimangono importanti opere di teologia, filosofia, medicina e opere naturalistiche. Molto importanti furono i libri nei quali narrava le sue visioni profetiche: esperienze involontarie di visioni mistiche, seguite da dolorose infermità fisiche vissute fin da piccola. Tra queste, forse la rivelazione più importante fu quella che venne riproposta da Copernico dopo 300 anni: l’universo eliocentrico.
Teodora Danti (1498 – 1573), affascinante figura femminile del ‘500 perugino, fu zia del cosmografo Egnazio Danti, che introdusse allo studio dell’astronomia, di cui era appassionata. Conosciuta soprattutto per la sua attività di pittrice, appresa nella bottega del Perugino, si dedicò anche all’approfondimento della matematica, ambito in cui scrisse un commentario all’opera di Euclide “Gli Elementi”.
Sophie Brahe (1556 – 1643), sorella del famoso astronomo danese Tycho Brahe, rappresenta il primo faro di conoscenza astronomica femminile dopo il Medioevo, pur non essendo mai stato riconosciuto ufficialmente il suo contributo. I due fratelli Brahe effettuarono osservazioni regolari sulla posizione dei pianeti e delle stelle, mediante l’uso di sestanti, quadranti, sfere armillari e strumenti da loro inventati, dal castello osservatorio di Uraniburg costruito sull’isola di Heeven, donata a Tycho dal re di Danimarca. Numerose furono le loro osservazioni e i calcoli a esse collegate: una nova (stella che aumenta la sua luminosità violentemente) nel 1572; l’eclisse lunare dell’8 dicembre 1573; la scoperta di una cometa nel 1577. Tutti i dati raccolti portarono i due fratelli a ipotizzare una teoria alternativa a quella geocentrica di tipo tolemaico in auge dal I sec. d. C.: un universo in parte eliocentrico e in parte geocentrico (sistema ticonico). Grazie alle loro osservazioni nel 1597 Keplero elaborò la teoria delle orbite ellittiche dei pianeti. Quando il fratello Tycho si trasferì a Praga, Sophie continuò le ricerche fino alla sua morte.
Maria Cunitz (1610 – 1664), venne definita la seconda Ipazia, in quanto donna molto erudita e, come lei, istruita dal padre che le insegnò il latino. Ebbe una spiccata passione per l’astronomia, grazie anche all’incoraggiamento da parte del marito, astronomo dilettante. Pur non disponendo di mezzi adeguati riuscì, grazie alle sue conoscenze di matematica, a determinare le posizioni dei pianeti, che pubblicò nel 1650 nell’opera “Urania Propitia”, in cui le raccolse in un complesso di tavole, risultato della correzione ed esemplificazione di quelle monumentali di Keplero.
Margaret Cavendish (1623 – 1673), duchessa inglese, è ricordata per aver scritto quindici opere scientifiche e aver fondato nel suo salotto il circolo New – Castle, una società di discussione scientifica di cui fece parte anche Cartesio.
Elisabetha Koopman-Hevelius (1647 – 1693), appassionata di astronomia fin dalla tenera età, andò in sposa ad un ricco commerciante di Danzica molto più vecchio di lei, con il quale condivideva questa sua passione. Costruirono sui tetti di tre case confinanti un loro osservatorio, presso cui ospitarono numerosi astronomi. Purtroppo un incendio lo distrusse insieme a tutti i dati raccolti. Dopo la morte del marito Elisabetha continuò i suoi studi e ne pubblicò risultati, di cui solo due opere sono giunte fino a noi: “Firmamentum Sobieskanum” e “Prodromus Astronomiar”, il più vasto catalogo stellare di quei tempi, nel quale sono annotate, con esattezza, le posizioni di quasi 2000 stelle.
Maria Winkelmann (1670 – 1720) nacque a Panitsch, vicino Lipsia, e venne avviata agli studi dal padre. Da giovane iniziò ad occuparsi di astronomia, passione che coltivò anche dopo essersi sposata con Gottfried Kirch, con il quale fondò l’osservatorio di Berlino. Nel 1702 scoprì una cometa che inizialmente venne attribuita al marito, ma dopo alcuni anni le fu riconosciuta. Dopo la morte del marito continuò i suoi studi e le sue osservazioni, ma le venne negato il compito di compilare il calendario, da lei sempre svolto; l’accademia delle scienze respinse anche la sua richiesta di ammissione, nonostante fosse appoggiata dal fisico Gottfried Leibniz e così si limitò a lavorare come maestra all’osservatorio del barone Krosighk, per il quale istruì i figli come aiutanti. Quando uno dei due divenne direttore dell’osservatorio di Berlino, venne richiesta la sua presenza come aiutante invisibile. Ma, non avendo accettato di rimanere nell’ombra, venne allontanata dall’osservatorio. Tornò a compilare calendari per le città di Breslavia, Norimberga e Desdra fino alla sua morte e pubblicò alcuni trattati sulla congiunzione Venere – Saturno del 1712, uno studio sulla congiunzione Sole – Venere – Saturno del 1714 e sull’aurora boreale.
Maria Eimmart (1676 – 1707), nacque a Norimberga nel 1676. Il padre era un pittore famoso, appassionato di astronomia, che trasferì alla figlia entrambe le sue passioni. Maria, infatti, disegnò con estrema precisione numerose tavole astronomiche, in particolare di comete, macchie solari, eclissi e montagne lunari, che risultarono molto importanti in tempi ancora privi della fotografia. Pregevoli sono i suoi disegni su carta blu di circa 350 fasi lunari osservate al telescopio, eseguiti tra il 1693 e il 1698. Morì a soli 31 anni di parto.
Gabrielle – Emilie di Châtelet (1706 – 1749), marchesa francese, forse amante e collaboratrice di Voltaire, ricevette un’ottima istruzione grazie alla quale si affermò come scienziata. Nel 1745, con il supporto del matematico Clairaut, iniziò la traduzione del “Philosophiae Naturalis Principia” di Newton, in cui erano esposte le leggi del moto e della gravità, a cui lavorò giorno e notte per riuscire al suo completamento: terminata l’opera, morì pochi giorni dopo di parto. Clairaut pubblicò quest’unica traduzione in francese nel 1759, quindi è grazie a questa volitiva scienziata che si diffuse la filosofia e la fisica newtoniana in Francia.
Madame Nicole Reine Etable De La Briere (1723 – 1788) Madame De La Briere era sposa del famoso orologiaio Lepaute, con il quale collaborò alla corretta previsione del passaggio della cometa di Halley del 1758, lavorando insieme a Clairaut e Lalande; con quest’ultimo cooperò anche nella compilazione del calendario annuale per gli astronomi, assegnata loro dall’accademia delle scienze di Parigi. Nicole calcolò la durata e le dimensioni di un’eclisse solare nel 1764, pubblicandone una mappa dello svolgimento ad intervalli di un quarto d’ora, l’unica pubblicazione con il suo nome. Nel 1774 si occupò di effemeridi, calcolando la posizione della Luna e del Sole in ogni giorno dell’anno fino al 1782.
Carolina Lucretia Herschel (1750 – 1848) è una delle astronome più conosciute, nonostante gli ostacoli posti dalla madre nel ricevere qualsiasi tipo di istruzione, perché la riteneva svantaggiata a causa di una malattia che le causò un ritardo nella crescita. Il suo trasferimento dal fratello William in Inghilterra, per seguire la carriera di soprano, le aprì un mondo nuovo in cui spendersi, l’astronomia, di cui il fratello era appassionato. Carolina stabilì un record per la scoperta di 8 comete e, alla fine del 1783, aveva scoperto ben 14 nebulose. Nel 1835 divenne membro onorario della Royal Society.
Marie – Jeanne Amelie Harlay (1768 – 1832) visse a Parigi, dove fu insegnante. Si distinse per le sue tavole di determinazione dell’ora in mare attraverso la posizione del Sole e delle stelle; queste vennero pubblicate nel 1791 e 8 anni dopo venne pubblicato un suo catalogo di 10.000 stelle.
Caterina Scarpellini (1808 – 1873) nacque a Foligno e studiò sotto la guida dello zio, Feliciano Scarpellini, direttore della Specola del Campidoglio a Roma. Si dedicò a numerose osservazioni di eclissi, sia di Sole che di Luna, comete, meteoroidi, maree, terremoti, meteorologia e ozonometria. Fondò a Roma un giornale scientifico dal titolo “Corrispondenza Scientifica in Roma per l’avanzamento delle Scienze”. Nel 1854 scoprì una cometa e nel 1872 il suo contributo nel campo statistico fu onorato con il conio di una medaglia d’oro.
Maria Mitchell (1818 – 1889) nacque a Nantucket in Massachussets e fu riconosciuta come la prima donna astronoma negli USA. Probabilmente fu il padre, William Mitchell, astronomo ed insegnante di astronomia, a incoraggiarla ad ampliare le sue conoscenze matematiche ed astronomiche. La sua prima scoperta risale a una notte dell’autunno del 1847, quando con il suo telescopio puntò una stella che si rivelò essere una cometa. Nel 1848 divenne primo membro femminile dell’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze. Dal 1865 al 1888 rimase professoressa di Astronomia all’università di Vassar, nel 1875 divenne presidente dell’Associazione Americana per l’avanzamento delle donne nella scienza e, alla sua morte, venne fondata una società astronomica in suo nome.
Willelmina Paton Stevens Fleming (1857 – 1911) nacque in Scozia, dove fu maestra elementare fino a quando non si trasferì negli Stati Uniti con il marito nel 1878. Il suo matrimonio finì prima che nascesse suo figlio e fu costretta a cercare un lavoro, che trovò come domestica presso il direttore dell’Osservatorio di Harvard, Edgar Pickering. Questi la coinvolse nell’attività dell’osservatorio incaricandola di analizzare le lastre fotografiche del cielo, analisi che condusse con risultati eccellenti: scoprì 10 novae, 59 nebulose gassose tra cui la nebulosa “Testa di Cavallo” e più di 300 stelle variabili. Per tali meriti venne nominata conservatrice dell’archivio fotografico, primo incarico istituzionale affidato a una donna ad Harvard.
Henrietta Swan Leavitt (1868 – 1921), nata a Lancaster in Massachusetts, si trasferì con la famiglia fin da bambina a Cleveland in Ohio. Nel 1892 si laureò presso la Società per l’Istruzione Collegiata per le donne (ora Radcliffe College) e, dopo solo tre anni, divenne assistente ricercatore volontario presso l’Harvard College Observatory, dove arrivò a ricoprire le cariche di capo del dipartimento di fotometria fotografica e di responsabile per la cura dei telescopi. Henrietta ideò un sistema per determinare la magnitudine (grado di luminosità) di una stella, che fu ben presto riconosciuto dalla comunità scientifica come uno standard importante e nel 1913 venne adottato dal Comitato Internazionale per magnitudini fotografiche. Si impegnò anche nella ricerca nel campo delle stelle variabili e nel 1908, studiando le stelle variabili Cefeidi nella Piccola Nube di Magellano, che sono tutte circa alla stessa distanza dalla Terra, determinò le magnitudini assolute di quel gruppo di stelle. Importanti astronomi e astrofisici utilizzarono la sua scoperta per arrivare alle proprie: Ejnar Hertzsprung per tracciare la distanza delle stelle; Harlow Shapley per misurare le dimensioni della Via Lattea; Edwin Hubble per accertare l’età dell’Universo. La sua ricerca e le sue scoperte sono state un contributo fondamentale per il progresso dell’astronomia e la comprensione del nostro posto nell’Universo.
Gabriella Conti Armellini (1891, 1974), laureata in Fisica all’Università di Napoli nel 1919, nel 1921 entrò come Assistente all’Osservatorio di Roma Campidoglio, dopo aver insegnato Matematica e Fisica presso il Liceo di Benevento. Nel 1923 sposò Giuseppe Armellini, Direttore dell’Osservatorio, e continuò la sua attività come astronomo presso l’Osservatorio del Campidoglio e anche presso la nuova sede a Monte Mario. Si occupò soprattutto di osservazioni meridiane e fotografiche di pianeti e asteroidi, di misure di diametri solari, di misure di radiazione solare, di determinazioni orarie e di osservazioni meteorologiche, pubblicando i suoi lavori su Astronomische Nachrichten, sui Rendiconti dell’Accademia dei Lincei e sulle Memorie della Società Astronomica Italiana. Fu nominata Cavaliere dell’Ordine della Repubblica e nel 1961 fu insignita della Medaglia d’Oro di Benemerenza del Ministero della Pubblica Istruzione.
Cecilia Payne-Gaposchkin (1900 – 1979) nacque in Gran Bretagna, ma condusse la sua attività scientifica all’università statunitense di Harvard, presso il cui osservatorio si era trasferita grazie ad una borsa di studio di supporto alle donne ricercatrici. Nella sua tesi di dottorato dimostrò che l’idrogeno è il principale costituente delle stelle, determinando un’autentica svolta nel pensiero astronomico. Nel 1956 divenne la prima donna professoressa associata dell’università.
Paris Pismis (1911 – 1999), nata a Istambul, ma di origine armena, fu la prima donna universitaria della Turchia, dove conseguì un dottorato in matematica nel 1937. Trasferitasi negli Stat Uniti, lavorò nell’Osservatorio di Harvard dove conobbe suo marito, con il quale si trasferì in Messico. Qui divenne la prima persona nella storia del paese a dedicarsi allo studio professionale dell’astronomia. Lavorò nell’Osservatorio Astronomico Nazionale di Tacubaya, che dipendeva dall’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM), dove iniziò a impartire le prime lezioni ufficiali di astronomia che furono tenute in Messico e a svolgere attività di ricerca, grazie alla quale scoprì 20 amassi aperti e 3 ammassi globulari; lavorò, inoltre, alle prime interpretazioni della struttura a spirale delle galassie. Quando morì, lasciò una ricca comunità di oltre 100 astronomi che lavorano ancora oggi nella UNAM.